Caro farmaci in Italia – L’industria farmaceutica non è d’accordo sullo studio
I dati del Medicine Price Index 2019 stilato dal provider inglese Medbelle, che collocano l’Italia al quarto posto assoluto per il costo dei medicinali, hanno sollevato le immediate reazioni di chi i farmaci li produce e li vende.
Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria (nella foto) non ci sta: “Conta l’autorevolezza della fonte e la completezza dei dati. E l’Ocse, che può accedere a dati più completi rispetto a quelli accessibili a Medbelle, dice che la spesa pubblica totale, farmacia più ospedale, procapite in Italia è stabilmente inferiore del 25-30% alla media dei grandi Paesi europei”.
Una discrepanza rispetto ai risultati della classifica di Medbelle “dovuta anche al fatto che l’indice usato nell’analisi è il prezzo di listino, che da noi però”dichiara Scaccabarozzi all’Adnkronos Salute “è ben diverso dal prezzo reale”.
Quest’ultimo in Italia risente, infatti, “degli sconti praticati in base agli accordi con l’Agenzia italiana del farmaco, della presenza nelle liste di trasparenza, delle gare e dei paybak applicati ai prodotti, come quelli del 5% e dell’1,83%”. Tutti elementi che incidono sul prezzo reale dei medicinali e di cui, sottolinea il presidente di Farmindustria, il report non tiene conto. “Gli indicatori usati non sono completi, inoltre si esaminano solo 13 principi attivi e non tutte le confezioni: utilizzando quelle meno costose potrei ottenere il risultato opposto”.
Dunque “non creiamo allarmismo: questi sono dati parziali, che non tengono conto della realtà italiana. A me non torna neanche il resto della classifica generale” aggiunge Scaccabarozzi. “I prezzi dei farmaci dipendono anche dal ‘peso’ dei vari Paesi e dal potere d’acquisto: in questo modo alcuni Stati, come l’Italia, ottengono prezzi inferiori. Noi poi abbiamo un servizio sanitario universalistico” conclude il presidente di Farmindustria “e anche questo conta. I confronti fra Stati diversi, con regole differenti, sono improbi e andrebbero lasciati a chi sa farli, come l’Ocse”.
Ancora più tranchant la replica di Assogenerici, che il presdiente Enrique Häusermann ha affidato a una lettera a quotidianosanità.it, nella quale – preliminarmente – esprime forti dubbi sull’attendibilità della fonte, “una piattaforma informatica di digital healthcare specializzata in consulenze su rifacimenti del seno e lifting variegati” che non si capisce a quale titolo “abbia deciso di avventurarsi oltre i propri già lucrosi territori per sconfinare nel mare aperto delle riflessioni farmacoeconomiche”.
Häusermann smonta quindi pezzo per pezzo la peraltro non del tutto chiara metodologia impiegata da Medbelle per stilare la sua classifica sui prezzi: “Di quali prezzi parliamo? gli autori sono consapevoli che i Paesi analizzati possono avere fino a cinque diversi livelli di prezzo?” domanda il presidente di Assogenerici, facendo riferimento anche all’Italia (dove al prezzo ex factory si aggiungono il prezzo al pubblico, il prezzo di riferimento, e il prezzo di aggiudicazione in gara per le forniture ospedaliere (con riduzioni fino all’80% del prezzo di listino). “Di grazia, di quale prezzo trattasi?” chiede Häusermann, osservando che “dalla documentazione fornita dalla Medbelle traspare che si è scelta la pragmatica, ma decisamente poco scientifica “media del pollo”, mixando allegramente 5 tipologie di prezzo”.
Non bastasse, rileva ancora il presidente di Assogenerici, “gli ‘studiosi’ di Medbelle fanno la media delle medie, mischiando anche tutte le confezioni disponibili dei vari prodotti che, ovviamente, non sono sovrapponibili in tutti i mercati considerati”.
Da una simile metofdologia, non poteva cha scaturire un risultato come quello che riguarda l’Italia: apocalittico, ma per Häusermann “senz’altro falso”, alla luce dell’infondatezza dei dati, rilevati sul web dalle farmacie on line e da alcuni siti governativi.
“Credo che la poca serietà di questa fonte” è la lapidaria conclusione del presidente di Assogenerici “possa farci ritenere il discorso chiuso”.