L’epatite è un processo infiammatorio che coinvolge il fegato provocando la lesione delle cellule epatiche (epatociti). La cura dell’epatite presuppone la distinzione tra epatite acuta e cronica.
La forma acuta è rapida, evolve nel giro di poche settimane, e può essere modesta come numero di cellule coinvolte e come danno, con completa restituzione della funzionalità epatica una volta finito il processo infiammatorio oppure progredire inesorabilmente verso la totale perdita delle funzioni del fegato (atrofia giallo acuta).
L’epatite cronica invece, si instaura in genere dopo un fatto acuto e lentamente ma progressivamente può portare alla cirrosi epatica e favorire l’insorgenza di epatocarcinomi. Ci sono molti tipi di epatiti, virali, tossiche (da funghi e da agenti chimici), autoimmuni, granulomatose, etc.
Quelle più frequenti in assoluto, sia in forma acuta che cronica, sono le epatiti virali causate da virus “epatotropi” che danneggiano primitivamente il fegato e le sue cellule. I virus epatitici conosciuti sono il virua dell’epatite A (HAV), il virus dell’epatite B (HBV), il virus dell’epatite C (HCV), quello dell’epatite delta (HDV), e quelli delle epatiti E, F, G. I più frequenti in Italia sono i virus delle epatiti A, B, C.
L’epatite A non cronicizza e viene trasmessa per via alimentare (mitili, pesce crudo), le epatiti B e C possono cronicizzare (maggiormente la C) e vengono trasmesse con il sangue e le secrezioni. Le epatiti acute possono decorrere in modo sintomatico o in apparente. Il segno più evidente è l’ittero, la dolenzia nella zona sottocostale destra, oppure vomito e sintomi gastroenterici.
La fase cronica è caratterizzata da un progressivo declino delle funzioni epatiche, con deficit di fattori prodotti dal fegato (albumina, protrombina e fattori coagulativi), deficit di metabolizzazione epatica di farmaci ed ormoni, persistente elevazione delle transaminasi e dei livelli di bilirubina.