Muccino d’America

 Con La ricerca della felicità, alias, the pursuit of Happyness, Gabriele Muccino ha decisamente conquistato Hollywood. Il mondo patinato del business cinematografico si è inchinato al suo talento, offrendogli non poche opportunità. Da quasi due anni Muccino è di stanza in America, corteggiato da grandi star, tra cui Tom Cruise a casa del quale è ospite di riguardo. Amato dal pubblico italiano ma sempre un po snobbato dalla critica di casa nostra, ha cercato altrove nuovi scenari possibili, mantenendo immutata la voglia di fare bel cinema.

Dopo Come te nessuno mai, Muccino aveva stipulato un contratto con la Miramax per il remake di C’eravamo tanto amati. Il progetto è andato in fumo ed il contratto è scaduto. Stava per iniziare un film con Al Pacino, altro progetto non andato in porto, quando Eva Mendes, entusiasta dell’Ultimo bacio, durante le iprese di Hitch, ha parlato del film a Will Smith. Il quale, dopo aver visto anche lui la pellicola, ha dichiarato di voler lavorare col regista italiano proponendogli di dirigere La ricerca della felicità. Deciso a fare questo film, Muccino si presenta con Will Smith ai boss della Columbia, futuri produttori del film insieme a Smith. Stando a quanto dice Muccino, i produttori erano terrorizzati all’idea di affidare un film ad alto budget a un regista italiano che non aveva mai girato una scena in lingua inglese. Alla fine crede di averla spuntata solamente perchè Will lo ha imposto alla produzione quando solitamente sono i produttori ad imporsi sulle scelte della ragia o nella sceneggiatura.

Il film è tratto dalla storia vera di Chris Gardner, durante l’era Reagan, in una San Francisco senza sole. Venditore di macchinari ospedalieri, Gardner, con un figlio (nel film interpretto dal vero figlio di Smith, Jaden) che studia in una scuola di cinesi nel quartiere Chinatown e una moglie che lavora in una lavanderia, non ha una vita brillante. Un pensiero prende corpo nella sua testa, quello di dare una svolta alla sua vita. La ricerca i Gardner è la ricerca di una vita migliore dell’attuale contrassegnata dal benessere che gli manca, dal sorriso scomparso dal viso di sua moglie, e dalla routine di un lavoro di venditore privo di soddisfazione. Abbandonato dalla moglie, messo in carcere per un giorno, sporco di vernice e vestito come un operaio si presenterà alla selezione più importante di un corso di formazione per futuri broker all’interno di una famosa società. L’emozione aumenta durante tutto il film: un emozione che prende il cuore e anche lo stomaco nel seguire l’onestà, la forza e la caparbietà di un uomo che non demorde mai anche quando, sfrattato di casa, inventa un gioco con lo scopo di distrarre il figlio e farlo addormentare nel bagno della metropolitana.

La ricerca della felicità è lontana dai racconti intrisi di pessimismo del nostro Muccino: i suoi film, infatti, sono sempre stati raccontati con una punta di cinismo, tanto da essere etichettato in Italia come “il regista della borghesia”. Il film è una storia che tocca molti americani, che spesso arrivano a vivere una povertà estrema. Racconta la sopravvivenza di un uomo che trasforma e riscatta la sua vita. Forse l’unico particolare che lo accomuna agli altri lavori del regista italiano è che Gardner si trova, come gran parte dei personaggi di Muccino, al limite della disperazione e deve fare una scelta che determinerà la sua vita. Un dramma raccontato senza un velo di enfasi lontanissimo dalla retorica dell’happy end.

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